Testo e foto di Patrizia Binda, mercoledì 22 gennaio:
“Levataccia alle 5.30 per andare nella savana a visitare due progetti e alcuni bambini adottati a distanza.
Per arrivarci si attraversa un paesaggio meraviglioso fatto di colline verdeggianti, coltivazioni agricole e bananeti, strade riccamente alberate . Una savana in buona parte verde molto diversa da quelle che ho conosciuto in Kenya. Verde anche grazie ai numerosi alberi piantati. Luoghi una volta deserti che si stanno popolando di anno in anno. Luoghi di produzione agricola e allevamenti di bovini e, in minor misura, caprini. E anche un parco nazionale con animali selvatici.
Il primo progetto ci accompagna a vederlo l’abbé Patrice, un prete che ha studiato in Italia e che qui ha fondato Exodus, centro di formazione al lavoro per ex ragazzi di strada e ragazze. Abbiamo pranzato al centro dove c’erano ospiti una coppia di volontari tedeschi, una giovane italo-francese e un prete di Torino. Abbiamo parlato di papi e di politica italiana trovandoci molto in sintonia. A Torino il sacerdote si occupa soprattutto di migranti e inutile dire che detesta il decreto sicurezza.
Il primo progetto che abbiamo visitato sono state due pompe a energia solare che portano in superficie acqua potabile. Sono due delle 80 pompe regalate da Insieme per la pace in quella vasta area. Ognuna fornisce acqua per 3000 persone e costa circa 25.000 euro.
Il materiale, di qualità, viene importato dal Belgio, impresa e mano d’opera sono locali. Vengono realizzate previa richiesta delle autorità locali. La gestione è affidata a un comitato scelto dalla popolazione, e il comitato sceglie anche i due guardiani, diurno e notturno, che gestiscono direttamente la pompa. L’acqua è pubblica e gratuita ma chi può paga 30 cent. di euro al mese che servono per metà per lo stipendio dei guardiani e per metà per essere accantonati per eventuali riparazioni. L’acqua serve anche per abbeverare il bestiame.
L’altro progetto è in un villaggino a cui si arriva da una strada sterrata che porta anche a una scuola frequentata da 2500 alunni.
Qui è stata portata l’elettricità e fornito il macchinario per una piccola fabbrica di sapone artigianale. La gestisce Mupenzi, giovane papà di due gemelli che ricevono i soldi di un padrinato per poter studiare. Quando Gabriella l’ha incontrato non aveva i soldi nemmeno per comprare il cibo per sè e la famiglia e non aveva casa. Allora Josianne, che da undici anni viene con lei in Rwanda in quanto facente parte del comitato direttivo di Insieme per la pace, ha trovato chi gli ha dato i soldi per una casetta e per la macchina per fare il sapone. Ora però è tutto fermo perché gli ispettori gli hanno contestato la mancanza di mascherina e guanti sul lavoro e di una cisterna per la raccolta dell’acqua. Ha presentato il preventivo e gli verranno dati i soldi per poter acquistare quanto serve per poter riprendere l’attività.”