Komera umuzungu

Marco è stato  in Rwanda per passare il natale 2010 e l’inizio nuovo anno 2011 coi ragazzi dei nostri foyer.

“KOMERA UMUZUNGU è una delle prime espressioni che impari qui, in RWANDA; lo senti dire ovunque, e da chiunque. Passeggi in un sentiero di campagna, solo, nessuno attorno a te, poi si muovono i cespugli al tuo fianco, alcuni bambini urlano “komera umuzungu” e ti corrono incontro per salutarti. SALVE UOMO BIANCO, detto con un tono di stupore e divertimento dai bambini, e con ironia dagli adulti. È un saluto, il saluto all’uomo bianco, non è come dire “ciao!”, non “arrivederci” o “addio”, è saluto generico, e per questo ti lascia anche la sensazione di essere sempre e inevitabilmente di passaggio. Io non ho ben capito come ci sono arrivato a Masoro, villaggio sulle colline ruandesi, poco distante dalla città, la capitale Kigali, che ho lasciato molto in fretta! Non è l’Africa delle metropoli e del caos, del traffico, del rumore e della rincorsa ai modelli della mia cultura quella che cerco. È l’Africa del fuoco, delle nuvole pesanti, del buio, della terra rossa, degli odori, dei rituali, delle strette di mano, dei sorrisi, dei colori forti, ciò che mi interessa. L’Africa che sognavo ed ora ci sono dentro! William Blake scrisse “senza la presenza dell’uomo, la natura è sterile”, e ora capisco il suo pensiero: mi trovo di fronte allo spettacolo delle nebbie che avvolgono le mille colline ruandesi, e ciò che mi colpisce e mi affascina di questo paesaggio è l’uomo, il suo sguardo. Lo sguardo intenso di un bambino, quello sereno e stanco di un anziano, le umane abitudini, i gesti, la fatica, la condivisione, l’incertezza del domani e la consapevolezza di dover percorrere una lunga strada. Con i propri mezzi, con il senso del divino.

Ho pensato molto a come poter raccontare la mia esperienza, a comunicare a chi mi ascolta ciò che ho provato. Nel racconto, nelle immagini mancherà inevitabilmente il sapore, gli incontri, l’imprevedibile, mancherà tutto ciò che ti lascia sulla pelle e nella testa un luogo simile, mancherà tutto quello che pensavo di essere in grado di portare qui, e che, per mia fortuna, mi è stato reso da portare indietro.

A me è capitato così: ho trascorso tutte le notti in Rwanda a sognare casa, la mia famiglia, gli affetti, e, ora che li ho riabbracciati, passerò tutta la vita a sognare di tornarci, in Africa.”

Marco Barbieri

(Nghufashe Moussa!)


Le foto sono state scattate davanti al murales che Marco ha dipinto coi bimbi, nella loro camera.


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