Venerdì 4 novembre partenza all’alba per la savana: il Ruanda si sveglia presto. Lungo la strada vediamo i ragazzi che partono per l’ultimo giorno di scuola, le donne con sacchi e cesti in viaggio per il mercato. Assieme a Gabriella e Dominique passiamo innumerevoli controlli di polizia: il presidente sarà in visita nei prossimi giorni nella regione, le misure di sicurezza sono altissime. Arriviamo dopo due ore e mezza di macchina a Karangazi da Mupenzi e dalla sua famiglia, che Insieme per la pace sostiene da anni. Quanti cambiamenti dalla mia prima visita 15 anni fa. Quante case, quante strade dove allora c’era solo savana. Andiamo poi a prendere Abbé Patrice che ci accompagna alla visita del “centre de santé” di Gatebe. Lasciamo la strada asfaltata e proseguiamo sullo sterrato per una mezz’oretta. Un paesaggio bellissimo, la savana è verde perché – dopo due raccolti bruciati dalla siccità – è tornata la pioggia. I pensieri oscillano tra la bellezza della natura e l’immensa povertà, sempre dignitosa, di questa gente. Incontriamo sciami di bambini che rientrano a casa dopo l’ultimo giorno di scuola con l’alberello da piantare a casa per contribuire a rimboscare la savana. Arrivati a Gatebe visitiamo il centro di sanità (molto zen), equipaggiato solo con l’indispensabile ma che permette di partorire a 5 donne ogni settimana (quando sono poche, aggiungono), di vaccinare circa 200 bambini e di curare circa 300 pazienti al mese. Vediamo un apparecchio per le analisi, ce ne dovrebbe essere un secondo. Chiediamo dove sia. Ci dicono che il secondo è “itinerante”: un giorno qui, due giorni in un altro centro e poi in un altro ancora, per raggiungere più gente possibile.
Proseguiamo da lì per andare a visitare una pompa d’acqua costruita grazie a una donazione dal Ticino. La strada è infangata a causa delle piogge torrenziali dei giorni precedenti. “Per fortuna oggi non piove” ci dice Abbé Patrice “altrimenti non so se ci arriveremmo”. E intanto corregge abilmente la traiettoria della nostra jeep per evitare che finisca impantanata in questa terra scivolosa. Continuiamo costeggiando una palude da dove la gente attingeva l’acqua prima che ci fosse la pompa. Non vediamo gli ippopotami, ma ci garantiscono che ci sono. Arriviamo finalmente a Gakagati, dopo quasi un’ora di viaggio su strade impervie. La pompa è in funzione. Abbé Patrice ci accompagna al villaggio: 6000 case di fango, molte pericolanti, altre distrutte perché non reggono la pioggia. Qui vivono circa 30’000 persone che utilizzano l’acqua della pompa. Toccati da tanta povertà (“I ricchi di Kigali non hanno idea delle condizioni in cui vivono i nostri connazionali” ci dice Dominique, pure lui scioccato), torniamo alla pompa. Una donna con più anni che denti e un bimbo in braccio ci racconta come, andando ad attingere l’acqua al fiume Akagera, dall’altra parte della collina, una giovane ragazza sia stata divorata da un coccodrillo, mentre lei è riuscita a mettersi in salvo. Inoltre, dice con riconoscenza, i casi di dissenteria sono diminuiti grazie all’acqua potabile della pompa. Ne beviamo un sorso: è fresca e dolce. Un altro piccolo-grande successo. Qualche foto con bimbi sorridenti e lasciamo questo posto, ricco di bellezza e miseria in forte contrasto. Passiamo da Abbé Patrice a Nyagatare per una pausa (impossibile fare un bisognino veloce dietro gli arbusti: gli abazungu, i bianchi, sono rarissimi da queste parti e sotto stretta bonaria osservazione!) e rientriamo a Kigali. Lasciamo sedimentare queste emozioni che ci arricchiscono e ci fanno ricordare quanto siamo fortunati.
In programma ancora, oltre alle spese per i mercatini natalizi, una visita a Rutongo lunedì, prima di lasciare il Ruanda, come sempre con un po’ di tristezza ma con la certezza che a solidarietà non va solo a beneficio dei ruandesi, ma fa crescere un po’ anche noi.
Una delle due sale parto molto zen
uhm le sorgenti del Nilo!!!!
… prima della pompa idraulica la stessa acqua per ippopotami e coccodrilli
Per Insieme per la Pace Alessandro