Si chiamava Beata

Jeannette si chiamava Beata ma era così piccolina quando la abbiamo strappata dai massacri del Rwanda a Nyamata che ancora non parlava e allora glielo abbiamo dato noi un nome, prima di portarla in Italia.
La bimba è stata poi adottata da una famiglia italiana, adozione perfettamente riuscita!
Ma Jeannette desiderava avere ulteriori informazioni sulle sue radici, sulla sua famiglia biologica e soprattutto sapere se qualcuno tra i suoi era scampato al genocidio.

A febbraio di quest’anno ricevo un messaggio watshapp:
Ciao! Sono Jeannette, ho ricevuto il suo contatto da Mariuccia e le scrivo perché lei magari può darmi delle informazioni sulle mie origini ruandesi, sul mio passato (Era troppo piccola per ricordare). Se lei può aiutarmi ne sarei davvero grata! Grazie, Jeannette.
Alcune telefonate, mesi di ricerca e finalmente ad agosto un commovente messaggio:
ho ritrovato mio padre biologico, Leonard. Ad ottobre andrò a trovarlo.
Ora Jeannette é in Ruanda accompagnata dal suo compagno, le due bellissime bimbe le hanno hanno lasciate in Italia dalla nonna, la mamma adottiva di Jeannette.
Altre sue informazioni: aveva una sorella gemella Beatrice ma non ce l’ha fatta, il papà rimasto vedovo l’ha portata in un orfanotrofio perché da solo non riusciva ad allevare la piccola Beata.

Da Rwanda per non dimenticare (luglio 1994, tipografia Poncioni)
“Nyamata. Pochi giorni prima l’eccidio. Radio mille collines ha usato il solito trucco: canalizzare le persone verso i conventi, le chiese, i luoghi pubblici. E poi lì il massacro ne trucidano migliaia alla volta. Qui è bastato un attimo. Mariapia raccolta ai piedi della statua della Vergine, piange. Io sono chiamata da una suora a tradurre indicazioni e controindicazioni di medicamenti provenienti dall’italia. In Ruanda parlano il kynarwanda, il francese, l’inglese, l’italiano no, non lo conosce nessuno. Ho viso medicamenti che servono per curare reumatismi, o cose del genere: malattie europee. Laggiù servono medicinali contro la tosse (qui la notte fa freddo), la malaria, la dissenteria, la disidratazione, ecc..: mi vergogno della mia pelle bianca, realizzo che laggiù mandiamo materiale assurdo. Per loro fondi di magazzino. Sono scoraggiata. La speranza dei bambini.
E’ bastato un attimo, dicevo e i nostri due pulmini Toyota e persino le camionette delle scorte (che ci accompagnavano e proteggevano) vengono riempiti, stipati di bambini: Mariapia ed io ci guardiamo, ci abbracciamo, scoppiamo a piangere: chi ha più il coraggio di farli scendere? Questi non sono feriti di guerra (era un nostro impegno raccogliere solo feriti), ma sono bambini, vite umane da salvare. Anche le poche suore scampate all’eccidio piangono – salvateli ma riportateli… Ci viene pure consegnato un elenco, ma per alcuni inventiamo un nome, per altri nemmeno quello, non c’è tempo. Abbiamo fretta, l’incredibile tramonto africano annuncia il suo arrivo. Ma Nyamata è già sulla via del ritorno…”

Brava Jeannette! il tuo coraggio e la tua perseveranza regalano raggi di sole.

gabriella

Questa voce è stata pubblicata in News. Contrassegna il permalink.