Kosovo

VIAGGIO IN KOSOVO
09-14 luglio 2004 per trasporto aiuti umanitari

Siamo in ritardo quest’anno con l’invio in Kosovo del materiale raccolto. Attendiamo dei letti che dovrebbero arrivare dalla Clinica di Arzo, ma visto che ritarderanno ancora, che don Agim ha terminato i suoi studi presso la Facoltà di Teologia di Lugano ed ha necessità di riportare libri, libreria ecc. a Stubla entro la metà di luglio, organizziamo in poco tempo questo trasporto.
Il camion-TIR guidato Tomislav Jozic e da un suo amico, di Slavonski Brod (HR), arriva il pomeriggio di lunedì 5 luglio al deposito ex Rapelli di Stabio e iniziamo a caricarlo quando alcuni volontari tornano dal lavoro, dopo le 17.30.
Essi sono: Mario, Peppino, Emrush, Luciano e per la prima volta alcuni giovani: Fabio è il più piccolo, è il mio nipotino di 7 anni e si impegna a fare ciò che può, Luca di 15 anni, Damiano e Ismaele di Mendrisio, Stefano e Claudia. Mancano questa volta i nostri amici Silvano e Giannina impegnati “ai monti”.
Scatola dopo scatola, sovrapposte diligentemente per non lasciare spazi vuoti, con fatica e sacrificio dovuto al caldo afoso che si sente particolarmente sul camion, si decide di sospendere il lavoro dopo ca. 3 ore; il camion è metà. Prepariamo da cena a casa mia e ci diamo appuntamento per l’indomani.
Martedì, verso le 8°° si riprende a caricare. Insieme a Mario, Peppino e Damiano lavorano: Roberto, responsabile dell’Ospedale del Giocattolo di Lugano, e diversi dipendenti. Giuseppina, Claudia e io sistemiamo il materiale giunto all’ultimo momento per essere caricato. Gordana è la nostra gentile traduttrice, parla croato e tramite lei ci accordiamo con l’autista Tomislav.
Claudia, disponibile a ritirare gli incarti necessari per l’esportazione dal signor Nando Cappelletti, giunge proprio al momento giusto, quando il camion è completo. Ci rechiamo al Punto Franco dove iniziano le operazioni doganali affinché il camion venga piombato e possa così iniziare il suo viaggio verso il Kosovo
La persona incaricata al Punto Franco non vede di buon occhio questo trasporto e intende rimandare al pomeriggio la piombatura del camion per fare il lavoro “senza fretta”. Con calma spiego che quel camion ci è costato tanto lavoro, tutto volontariato, e contiene cose che noi non usiamo più ma che persone lontane da qui accettano perché prive del necessario.
Questa persona cambia atteggiamento e, anche se non troppo gentilmente, fa il necessario affinché il camion possa lasciare Stabio prima delle 12°°.
Venerdì 9 luglio, puntualmente alle 15.40, Luciano e io giungiamo a Pristina con l’aereo. Fuori dall’aeroporto parecchie decine di persone attendono i loro cari. Tra esse, don Alberto, ci saluta sorridente e ci viene incontro.
Ci informa che il camion è fermo alla dogana di Peja e che per oggi non potrà raggiungere Ferizaj per essere scaricato. Don Alberto ci accompagna quindi a casa sua, a Zym, piccolo paese sulla montagna a ca. 15 minuti da Prizren, formato da meno di 1’000 abitanti.
Quasi la metà di questi abitanti si sono recati in Croazia a fare pane, vi resteranno per il periodo estivo ed è l’unico loro guadagno. In questo paese sanno fare solo pane. La loro risorsa sono le mucche, poche, che vediamo al pascolo tra tante rocce e poco verde.
Lungo il tragitto da Pristina a Zym ci rendiamo conto che la situazione non è per niente miglirata rispetto allo scorso anno, anzi, sono aumentati i mezzi militari di ONU-KFOR che sorvegliano il Paese. Restiamo incolonnati per alcuni chilometri dietro a carri armati tedeschi e viene impedito il sorpasso da un mezzo militare che viaggia in mezzo alla strada. Don Alberto ci racconta di fatti avvenuti, allo scoppio della guerra, in alcuni paesi che attraversiamo. In uno di questi era stato detto al mattino alla popolazione di stare tranquilli che non sarebbe successo nulla: alla sera sono stati prelevati gli uomini e poi uccisi. Qui si trovano tante vedove con bambini ai quali è stato bruciato tutto, anche la casa. In altri sono state trovate fosse comuni. Giunti a Zym, andiamo direttamente in chiesa poiché don Alberto alle 18°° dovrà celebrare la S. Messa e arriviamo appena in tempo. I fedeli hanno già terminato la preghiera del S. Rosario.
La chiesa è dedicata alla Madonna Assunta, della quale si trova internamente una grande statua in bronzo voluta dal precedente parroco-monsignore, ora in pensione in Croazia.
Sabato 10 luglio ci mettiamo in viaggio alle 6.30 per raggiungere il camion a Ferizaj. Con noi c’è Tone Kolgjeraj, una giovane di 21 anni che domani si recherà a Pula per lavoro e vi resterà ca. 2 mesi. A Ferizaj lavora il suo fidanzato Zef Pergjokaj e coglie l’occasione per andare a salutarlo.
Il camion è pronto per essere scaricato, il materiale viene depositato in locali messi a disposizione dal comune e attigui la palestra dedicata a Bill Clinton: era stato qui in visita diversi anni fa.
Sabit ci accompagna a Begrazc, periferia di Ferizaj, dove ci attende Ardita, la giovane per la quale lo scorso anno avevamo fatto una raccolta fondi per farla curare. Percorriamo una strada secondaria poiché la principale è molto affollata a causa del mercato. Per noi che siamo abituati ad altre realtà, non è una strada ma un susseguirsi di buche.
Sono felice d’incontrare Ardita nella sua casa. E’ sorridente, ha 18 anni, ci parla dei suoi studi e della sua malattia. Mi mostra la lunga cicatrice che ha nella schiena, cucita con 17 punti in seguito all’intervento chirurgico. Le gambe ora vanno bene, può camminare normalmente ma cpmincia a sentire formicolii al braccio sinistro. La prossima settimana andrà per un controllo in Albania: speriamo non vi siano altre complicazioni.
Siamo nuovamente a Zym per la S. Messa delle 18°°, Tone è invitata da noi a cena. Don Alberto ci parla molto bene di lei: da diversi anni è animatrice-educatrice di bambini, volontaria in parrocchia e alla Caritas e non ha mai fatto sapere della sua povertà. Ha tre fratelli, lavora solo il papà come panettiere lontano da casa, al confine con la Serbia; torna saltuariamente e guadagna pochissimo. Non hanno la casa, vivono in due locali presso parenti. Quando più tardi l’accompagnamo a casa ci rendiamo conto da vicino della situazione.
Per la famiglia di Tone é in costruzione una piccola casa attigua a quella dei parenti. Don Alberto ci chiede se possiamo partecipare al finanziamento e offriamo, per il momento, i 1’000.- Euro ricevuti prima di partire da N.K.
In questo paese c’è un grande rispetto per il sacerdote: sia cattolici che musulmani, quando l’incontrano, lo salutano con “sia lodato Gesù Cristo”. Ci vuole poco a capire che il sacerdote e le due suore sono il riferimento più importante a Zym. Spesso suona il campanello alla casa parrocchiale, a qualsiasi ora del giorno e la porta è sempre aperta per le diverse necessità.
Non c’è linea telefonica neppure per il parroco, l’acqua arriva poco, la luce viene spesso interrotta. Noi che siamo abituati ad avere l’illuminazione desiderata schiacciando un pulsante o veder scorrere l’acqua aprendo un rubinetto abbiamo difficoltà ad adeguarci alla situazione, ma al ritorno a casa sicuramente apprezzeremo di più la nostre comodità e cercheremo di non fare sprechi.
Domenica 11 luglio iniziamo la giornata con un momento molto importante: la S. Messa dei giovani alle 8.30. Suor Ozana prepara con loro i canti, i servizi all’altare, le letture. Al termine della Messa si fermano sul sagrato della chiesa a parlare tra loro e ne approfittiamo per regalare a ciascuno un cappellino ricevuto dalla Banca Raiffeisen tramite Angelo.
Al pomeriggio visitiamo la città di Prizren, ex capitale, punto importante dove partono le strade per Albania, Serbia, Montenegro. E’ la più belle e antica del Kosovo ma, in seguito ai fatti avvenuti il 16, 17 e 18 marzo (a Mitrovica sono stati annegati 3 bambini albanesi dai sarbi) il centro della città è stato bruciato. Ora ci si domanda: perché è avvenuto questo? La città è controllata da militari tedeschi, sono dovunque con i mezzi del caso. Ci sono tante moschee, la più grande era una chiesa cattolica, poi presa dal sultano e trasformata. Anche la chiesa di S. Anna ora è in mano ai musulmani. Ai cattolici è rimasta solo la cattedrale, presso la quale abita il Vescovo.
La cattedrale mostra in diversi punti infiltrazione d’acqua, ma mancano i mezzi per restaurarla. Le moschee sono finanziate da Arabia e Kuweit, ma la popolazione è aiutata solo dalla chiesa cattolica.
Lunedì 12 luglio. Alle 9.30 siamo presso la casa vescovile, ci riceve suor Margherita sorridente: parla bene l’italiano perché ha studiato a Roma, ci fa accomodare e poco dopo arriva il vescovo Mons. Marko Sopi. Ha 66 anni ed è vescovo dal 1996. Anche lui parla bene l’italiano, è simpatico e ci fa sentire come a casa nostra. Quando gli dico che abbiamo un figlio che si chiama Marco lui risponde: “due marchi fanno un euro!”.